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Lucide nuvole rosa e il Tepidario del Roster

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Ieri l’altro, scendendo l’Appennino per arrivare a Firenze, il cuore mi batteva forte. Che puerilità! Finalmente, a una svolta, il mio sguardo si è tuffato nella pianura e ha scorto di lontano come una massa oscura, Santa Maria del fiore e la sua famosa cupola… Ho guardato sovente tante di quelle vedute di Firenze che la conoscevo già e ho potuto camminare senza guida…

Così Stendhal, nella descrizione dei suoi viaggi in Italia, sintetizza l’emozione condivisa da tanti viaggiatori al momento di incontrare finalmente, ad una svolta della strada, la vista di Firenze, città di sogno carica di promesse, adagiata dolcemente nel nido dei suoi colli all’ombra della cupola del Brunelleschi.

Il viaggio in calesse attraverso l’Appennino, provenendo da Bologna, era particolarmente gravoso: la strada era lunga, difficile e non priva di pericoli, ma la fatica era ampiamente ripagata da quel momento unico, magico, in cui la città si svela all’improvviso, avvolta in una bruma irreale o splendente dei riflessi del tramonto. Una visione che tanti viaggiatori, nel Settecento e nell’Ottocento, cullano a lungo, nei febbrili preparativi preliminari al Grand Tour e lasciando alle spalle, una dopo l’altra, le tappe intermedie; e poi quel batticuore, inevitabile, commovente, che Stendhal si rimprovera ma con una punta di tenera condiscendenza per se stesso, per il suo sognare svagato il cielo sopra Firenze.

Questa visione antica e insieme senza tempo, per chi viaggia oggi in treno o in aereo, è quasi irrimediabilmente perduta; per ritrovarne in parte la suggestione ho percorso tante volte, di notte, via Trento appena sopra al Giardino dell’Orticoltura. Siamo nella parte finale della via Bolognese, nel punto in cui il declivio termina e il ponte sul Mugnone segna uno degli ingressi in città.

Interminabili momenti invernali così, l’odore di vento, la bicicletta in mano, la strada deserta, il cielo scuro e la cupola di Santa Maria del Fiore, il cuore per un attimo acquietato.Tepidario del Roster

Poco sotto, il Tepidario disegnato da Giacomo Roster e inaugurato nel 1880 risplende come un’immensa, delicata lanterna dalle nervature di solido metallo, così sfacciatamente ottocentesco con le sue decorazioni in stile moresco, le nicchie neorinascimentali e una fiducia un po’ ingenua per il progresso che allora era forse impossibile non condividere.

Il modello cui Roster si ispirò, apportando tuttavia significative variazioni ornamentali e strutturali, era il celebre Chrystal Palace, che aveva ospitato a Londra, nel 1851, la prima Esposizione Universale e che finì in una nuvola di fiamme, fumo e fuliggine in una notte del 1936. Un doppio ballatoio sospeso in alto, a sei metri di altezza, consentiva un tempo di ammirare le piante curiose ed esotiche che erano conservate nel Tepidario.Tepidario nell'Ottocento

Dopo un lungo periodo di offuscamento e un’intensa campagna di restauri, oggi il Tepidario e il Giardino dell’Orticoltura sono tornati ad essere un riferimento nella geografia del verde fiorentino: una passeggiata, un momento per leggere un libro sotto le foglie… Due volte l’anno, ad aprile-maggio e il primo fine settimana di ottobre, il giardino ospita una preziosa mostra mercato di fiori e piante, al cui richiamo non è facile sfuggire…

Quest’anno, complice l’arrivo dell’autunno, la mia scelta è caduta su una piccola pianta di Pernettya mucronata, avvolta in una nuvola di bacche lucide dal vivace colore rosa acceso. Si tratta di un piccolo arbusto sempreverde dal portamento cespuglioso e compatto, appartenente alla famiglia delle Ericacee, che predilige una posizione in ombra luminosa o a mezz’ombra, non tollera il caldo ed è resistente al gelo senza bisogno di particolari precauzioni. Va tenuta con il terriccio umido ma ben drenato, con annaffiature più abbondanti in primavera ed estate e diradate durante i restanti periodi dell’anno.

All’ultimo momento è saltato nel vaso un piccolo intruso, riuscite a trovarlo?

Pernettya mucronata var. rosea

Solo alcuni fiori muoiono davvero

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Io lo so che solo alcuni fiori muoiono davvero, quelli che non riesco a fotografare perché si aprono quando non sono a casa e svaniscono nel volgere di poche ore, ma più ancora quelli cui non riesco a dedicare niente più che uno sguardo fugace, perché altri impegni premono. Ma nonostante questo, indifferenti, continuano ad esplodere stelle arancio, bianche e gialle.Rebutia species Rebutia species

Un nuovo inizio

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In due anni ho fotografato i fiori del Thelocactus exaedrophorusin tutti i modi, eppure non riesco proprio a stancarmene. Pochi dei miei fiori mi piacciono così tanto. Mi piacciono i primi fiori della stagione, come questo che fiorisce adesso, ancora indecisi e fragili con i loro petali spiegazzati di sonno, venati di rosa, sottili e trasparenti come ali di libellula. Mi piacciono i fiori che si aprono più avanti nell’estate, gloriosi e splendenti di riflessi metallici. Mi piacciono i fiori che preannunciano l’autunno, più pacati e distratti.

Eppure ogni anno qualcosa è diverso: il primo fiore del Thelocactus mi dice che un nuovo ciclo inizia, ma che cosa ci sia in serbo ancora non è dato saperlo, quale sfumatura avrà il prossimo fiore?
Thelocactus exaedrophorus Thelocactus exaedrophorus Thelocactus exaedrophorus Thelocactus exaedrophorus

L’Echinopsis chamacereus e la messa a fuoco del rosso

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L’Echinopsis chamacereus è una pianta decisamente solida e resistente: quando è arrivata qua nel 12 mq era solo una talea di belle speranze, ma nel giro di due anni è ormai diventata una delle decane del balcone, continuando a proliferare con nuovi fusti che spuntano sia dal terreno che dai fusti già esistenti. Se ne è altamente fregata della pioggia, non ha dato alcun segno di sofferenza per la molta e imprevista umidità di questo inverno, e adesso ha iniziato a fiorire. L’unico accorgimento che mi sono accorto di doverle usare p di non esporla ai raggi troppo diretti del sole: è una pianta che preferisce posizioni sì soleggiate ma riparate nelle ore più calde della giornata. Eppure, mi sono accorto di non aver mai premiato abbastanza la sua fedeltà nel corso di questi anni: non le dedico mai molte foto. Solo ora credo di aver capito il perché: in realtà io le foto le faccio, ma il colore dei petali di questo fiore manda in tilt la macchina fotografica, e le foto vengono sempre un pochino fuori fuoco, o completamente fuori fuoco. Non ho una spiegazione scientifica per questo fenomeno, posso solo prenderne atto… Peccato, perché sono fiori comunque molto belli, per quanto non spettacolari come le altre Echinopsis che possiedo!
Echinopsis chamacereus Echinopsis chamacereus Echinopsis chamacereus

Solo per un giorno

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I fiori delle Echinopsis sono decisamente fra i miei preferiti, per le loro grandi corolle delicate e dal profumo intenso. Questa magia dura a stento il tempo di una giornata: dalla mattina alla sera, o dalla sera alla mattina a seconda della specie, la stella dei petali si distende e appassisce. Eppure, il prodigio si prepara nel corso di lunghe settimane, durante le quali il boccio prima spunta, poi si allunga progressivamente e con grande lentezza, per poi ingrossarsi poco a poco, e infine fremere ed aprirsi di colpo. Quanto lavoro, quanta attesa e quanta preparazione, per godere del sole e del vento appena poche ore, che sono evidentemente sufficienti, nell’economia della natura, perché la pianta compia la propria missione biologica.

Quando il tempo che possiedo mi sembra poco per tutto ciò che vorrei fare e non riesco a fare, per i progetti che non riesco mai a portare a termine, per gli argomenti da studiare, per i libri da leggere, per le persone da incontrare, penso a tutta questa effimera perfezione che dura solo per un giorno, e mi sembrano vane, almeno per un po’, tutte le preoccupazioni.
Echinopsis Echinopsis Echinopsis Echinopsis Echinopsis Echinopsis

Le mie delicate trasparenze e uno schiacciante confronto

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Dirò a mia parziale discolpa che le Echinopsis di cui mi fregiavo hanno sofferto molto questo inverno per il disastro della serra: molte sono marcite dopo aver preso incidentalmente l’acqua per due giorni, ma nonostante tutto uno dei polloni che mi furono regalati ormai due anni fa a Casciana Terme sta fiorendo proprio in questi giorni. Questa corolla si apre a partire da un lunghissimo stelo internamente cavo, come un tubo (e perciò temo che la nomenclatura corretta non sia esattamente stelo…), e si apre con petali bianchi al centro e rosa chiaro, con una striatura centrale di un rosa più intenso, quelli esterni. Il bianco dei petali è delicatamente trasparente, etereo e impalpabile.

IMG_0255_2 IMG_0257_2Non mi è per niente di consolazione rivedere alcune foto che ho scattato poche settimane fa all’Isola d’Elba, che mostrano come può diventare un’Echinopsis se opportunamente coltivata… O sarà semplicemente una questione di terra, illuminazione e aria buona? Voglio pensarla così, va…Echinopsis EchinopsisEchinopsis

Imprigionando gocce di pioggia

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Non c’è fiore difficile da fotografare quanto quello del Pachyphytum oviferum. Ne possiedo una pianta dai primordi della mia collezione, e ne ho propagate diverse talee, perché questa succulenta ha grandi foglie carnose apparentemente forti e solidissime, ma in realtà pronte a staccarsi ad ogni contatto un po’ più brusco del solito. Ogni anno la pianta emette un lungo gambo obliquo nella parte terminale del fusto, in cima al quale cresce una enorme infiorescenza che somiglia ad una spiga un po’ pendula, composta da tanti fiori di un verde chiarissimo e fresco, che pian piano si schiudono rivelando il rosso del loro interno. Li trovo sempre molto belli, anche perché racchiudono spesso una goccia lucente che non ho ancora capito ma che immagino trattarsi di pioggia imprigionata. Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum

Dettagli

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Solo dettagli: il Carpobrotus acinaciformis mantiene le sue promesse e apre le sue corolle di un rosa accecante.

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Le piante e il loro carattere

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L’Astrophytum asterias si sgonfia in inverno, quando deve essere tenuto in totale assenza di acqua, fino a sembrare prossimo allo sfinimento. Però, non appena torna il bel tempo è fra i primi a fiorire, gli scorsi anni erano stati fiori sul giallo-arancio, mentre in questi giorni la medesima pianta si apre con questa delicata corolla color pesca: forse sono veramente ingenuo, ma questa cosa riesce a sorprendermi sempre, come i cactus cambino ogni anno i loro fiori.

Fiorisce sempre, l’Astrophytum, senza indugio, e senza aspettare di riprendere pienamente le forze e le sue dimensioni normali.

Per questo motivo, se provo a immaginare le piante come dotate di una loro propria indole, mi figuro questo cactus forte e generoso, uno che non esita a privarsi di qualcosa per te… Sarà vero? Chissà! Se ne possedete un esemplare, provate semplicemente a non tenerlo mai in casa, ma sempre in esterno purché al riparo dalla pioggia e dalle gelate nella brutta stagione, e a non dare acqua durante il periodo invernale, e poi mi direte cosa ne pensate del suo carattere!Astrophytum myriostigma nudum

Quest’anno mi riposo

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Mi stupisce sempre come, da un anno ad un altro, cambino le fioriture dei cactus. Lo Stenocactus multicostatus nel 2013 aveva prodotto un ammasso di fiori forti e fitti al centro dell’apice vegetativo, quasi violenti nella loro prorompente vitalità. Quest’anno, pur non mancando di fiorire, i fiori sono in numero inferiore, e i colori mi sembrano più tenui e delicati, meno imperiosi. Forse è una sorta di anno sabbatico: alcuni alberi da frutto fanno così, un anno producono molti fiori e molta frutta, l’anno successivo si riposano un po’ e il terzo anno è di nuovo un anno di grande produttività. Non resta che aspettare il prossimo per tirare le somme…Stenocactus multicostatus Stenocactus multicostatus Stenocactus multicostatus