Archivi categoria: Succulente

Imprigionando gocce di pioggia

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Non c’è fiore difficile da fotografare quanto quello del Pachyphytum oviferum. Ne possiedo una pianta dai primordi della mia collezione, e ne ho propagate diverse talee, perché questa succulenta ha grandi foglie carnose apparentemente forti e solidissime, ma in realtà pronte a staccarsi ad ogni contatto un po’ più brusco del solito. Ogni anno la pianta emette un lungo gambo obliquo nella parte terminale del fusto, in cima al quale cresce una enorme infiorescenza che somiglia ad una spiga un po’ pendula, composta da tanti fiori di un verde chiarissimo e fresco, che pian piano si schiudono rivelando il rosso del loro interno. Li trovo sempre molto belli, anche perché racchiudono spesso una goccia lucente che non ho ancora capito ma che immagino trattarsi di pioggia imprigionata. Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum Pachyphytum oviferum

Dettagli

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Solo dettagli: il Carpobrotus acinaciformis mantiene le sue promesse e apre le sue corolle di un rosa accecante.

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Carpobrotus acinaciformis

Prove a sostegno della teoria dell’anno sabbatico

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Inizio a pensare che la mia teoria dell’anno sabbatico applicata alle piante non sia proprio una solenne bischerata da pulcino ignorante. Dopo lo Stenocactus multicostatus e l’orchidea, me lo conferma il Carpobrotus acinaciformis, che era solo una talea nell’inverno del 2011, e nel giugno del 2012 fioriva con due bei fiori fucsia. Il 2013, il niente più assoluto.

Soliti interrogativi: che ho fatto di male, perché non fiorisci, che vuoi, perché non parli???

In effetti la fioriera in cui si trova non è molto grande, e la pianta tende ad estendersi molto, strisciandone fuori ed estendendosi laddove non ci sarà terreno ad accoglierla… Forse nel tentativo di fuggire dalle mie amorevoli cure?

E invece ecco qua: aprile 2014. Ho contato venti bocci che aspettano di aprirsi…Carpobrotus Carpobrotus

La rassicurante forza dell’abitudine

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Come ogni anno, quando le giornate iniziano ad allungare e si sentono i primi cinguettii allegri, soprattutto la mattina presto al levare del sole, è segno che la primavera è alle porte. Le piante rispondono un poco alla volta, e una delle prime è il silente Sedum palmerii, che schiude i suoi minuti bocci dorati. A fotografarlo da vicino fa quasi male agli occhi, ma io li fotograferei tutti, non potendo viaggiare all’interno di questi mondi, specialmente quelli nel sole pieno che sembrano prendere fuoco tanto sono carichi di colore e di vita. A volte vorrei essere un’ape invece che un pulcino, che tanto siamo gialli uguali e con le ali, chissà se potrei trasformarmi con un po’ di impegno! La vicina dal balcone di fronte non si capacita di vedere un pulcino che fotografa con un cellulare per ore dei fiorellini tanto piccoli e insignificanti. Ma la verità ama nascondersi.

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Risvegli

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Ormai tutti sanno che l’inverno è un periodo di una noia mortale nel mondo dei cactus… Letargo vegetativo, serra, non succede niente di niente per lunghi mesi (da ottobre a marzo, all’incirca). In più, quest’anno l’inverno è iniziato con l’implosione di una delle mie serre, la più grande per la precisione, con una serie di scomparse eccellenti fra le piante che amavo di più, che mi hanno gettato nel dubbio: riuscirà il nostro eroe a continuare a coltivare cactus in questo sfacelo???
Ma tutto questo non giustifica appieno quasi quattro mesi di silenzio assoluto… Quattro mesi che d’altra parte non sono stati privi di novità… Anzi, i cambiamenti sono stati molti e intensi, forse anche troppo. Tornare ad una vecchia vita in un contesto tutto nuovo, denso, e per certi versi arcano… No. Decisamente non ero pronto per tutto ciò. Lo credevo, o credevo di essere più forte, e invece è stato molto difficile. Ma piano piano ci si abitua al cambiamento, lo si metabolizza, e ci sveglia un giorno che le piantine iniziano a fiorire, e l’inverno se c’è stato è quasi alle spalle. Ma soprattutto, si fa forte la consapevolezza che l’affetto intorno è tanto, tantissimo, più di quello che ci si poteva immaginare… E le cose sembrano più semplici.

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Rifiorire in autunno, contro ogni aspettativa

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Ci sono piante per cui, acquistandole, non scommetterei un euro sulla loro capacità di resistenza. La Schlumbergera che ho preso lo scorso anno, non ricordo neppure più dove, è una di quelle. Così apparentemente delicata, così apparentemente sterile… Ho pensato che era bene godere dei suoi bei fiori sul momento, perchè non sarebbero durati, e non avrebbe più fiorito. Non che dentro di me ne dessi la colpa a lei, ma piuttosto alle mie capacità e all’ambiente, che probabilmente, pensavo, non avrebbe consentito di coltivare la pianta senza le metodologie dei vivai.

E invece mi sbagliavo eccome. E’ passata un anno in cui lei è quasi seccata, ha vivacchiato, si è ripresa sul finire dell’estate e, adesso si sta preparando a fiorire di nuovo. I margini delle foglie sono carichi di bocci.schlumbergera

Il porpora e il verde

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Un paio di anni fa, proprio in questo periodo, la mia amica Fancyhollow mi ha portato una piccola talea dal suo giardino: una succulenta piuttosto diffusa sui balconi cittadini in realtà, che mi aveva colpito per il colore viola purpureo delle foglie. Ho provato a mettere la talea in un vaso, ma mi sembrava che il risultato dell’operazione fosse stato negativo: in un primo momento ha stentato, poi è marcita, e a primavera non era rimasto più nulla. Quel vaso è rimasto dimenticato in un angolo del balcone, e la primavera successiva, sorpresa! La pianta ha germogliato e quest’anno ha avuto uno sviluppo rigoglioso, tanto da fiorire addirittura.Setcreasea purpurea

Ho notato la medesima pianta ovunque, in Turchia, questa estate, diffusa in cespugli fitti e densamente fioriti. Si tratta della Setcreasea purpurea, una succulenta originaria del Messico, dal portamento dapprima eretto e poi strisciante e tappezzante, quando emette radici dai nodi. Le foglie sono bellissime, lanceolate e dal colore intenso, coperte di una peluria bianca. Apperentemente uniforme, il loro colore nasconde in realtà un caleidoscopio di tonalità, che si apprezzano in controluce: il viola è alternato a bande verde scintillante, sui margini risaltano delle linee color fucsia, e la superficie è iridescente alla luce del sole. I fiori sono piccolissimi, fucsia, con tre petali e tre sepali. Stamattina, notando la presenza dei fiori, mi sono messo ad osservare questa pianta è l’ho trovata, per la prima volta, piena di poesia. Leggi il resto di questa voce

Per la barba di Giove, che nome!

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Ultimamente sto rispolverando la mia mai sopita passione per la Grecia, complice il viaggio in Turchia di questa estate e la visita di così tanti luoghi carichi di memorie elleniche, dai nomi evocativi e adornati di architetture meravigliose.

Ogni volta che il mio pensiero va alla Grecia, non posso fare a meno di ripetermi nella mente l’omaggio, asciutto ma estremamente denso, che Marguerite Yourcenar attribuisce all’imperatore filelleno nelle sue Memorie di Adriano: “Fino alla fine dei miei giorni sarò riconoscente a Scauro per avermi costretto a studiare il greco per tempo. Ero ancora bambino, quando tentai per la prima volta di tracciare con lo stilo quei caratteri d’un alfabeto a me ignoto: cominciava per me la grande migrazione, i lunghi viaggi, e il senso d’una scelta deliberata e involontaria quanto quella dell’amore. Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario delle realtà, l’ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco. […] L’impero, l’ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere; ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto.” Mi rendo conto che anche per me, da quando il professore di greco del ginnasio entrò in classe il primo giorno di scuola salutandoci in greco, la Grecia è casa, è un luogo in cui ho vissuto e continuo a vivere.

Ho sempre amato la storia delle religioni, e quindi sto facendo una full immersion di letture orientate soprattutto in questo campo. E alla mitologia classica mi fa pensare questa piccola succulenta, che ha invero un nome piuttosto altisonante se comparato con la sua statura: Jovibarba allionii. Si tratta di una Crassulacea europea, diffusa sulle Alpi Occidentali, sia sul versante italiano che su quello francese. La mia piantina viene dalla Svizzera, da Ginevra precisamente. Nel suo habitat naturale cresce spesso nei crepacci e nelle spaccature delle rocce, che colonizza formando tappeti compatti, grazie alla facilità con cui nascono e attaccano gli stoloni basali. E’ una pianta di semplicissima coltivazione, dalla straordinaria resistenza al freddo, alle correnti d’aria, all’umidità, alla carenza di terreno… Vabbè basta pensare a dove vive!

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Goccia a goccia

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Quando mi assento per qualche giorno da casa, delle mie piantine si occupa, con la precisione e la cura che la caratterizza (e sobbarcandosi i quattro piani di scale che conducono nei 12 mq), Alice di Pane libri e nuvole, che mi invia anche dei preziosi reportage fotografici dei progressi del mio giardino pensile. Mi rassicura molto sapere che in mia assenza è in buone mani. Ed è proprio un regalo della mia amica la piantina di Sedum rubrotinctum che possiedo.

Quando l’ho ricevuta, esattamente due anni fa, era in un vasetto di sei centimetri di diametro, mentre adesso l’ho travasata in un vaso molto più grande, e nonostante questo (o proprio per questo) l’espansione sembra inarrestabile! Le radici nascono ovunque, anche dove gli steli non incontrano la terra, e si sviluppano in aria, chissà dove pensano di poter arrivare!

Mi piace moltissimo questa pianta, e non solo perchè racchiude tante sensazioni positive: mi piace la forma a goccia delle foglie, le sfumature di rosso che le tingono, ma soprattutto il modo in cui, crescendo, gli steli si avvolgono su se stessi a spirale, in una sorta di vertigine verso l’infinitamente piccolo che deve trovarsi all’interno del vaso, dentro le radici e nel cuore pulsante della pianta.Sedum rubrotinctum (2)Sedum rubrotinctum (1) Sedum rubrotinctum (3) Sedum rubrotinctum (4)