Mi piacciono molto le piante appartenenti al genere Astrophytum, complice senz’altro anche il loro nome evocativo. Adoro le loro forme eleganti e regolari, dalla precisa e limpida scansione geometrica, e da quando questa estate ho scoperto i fiori dell’Astrophytum myriostigma ne sono ancora più innamorato. Per questo non ho resistito alla tentazione di acquistare, pochi giorni fa, un piccolo Astrophytum asterias, che la mia guida alla cura delle piante grasse inserisce nella categoria delle specie di difficile coltivazione con tanto di bollino rosso: si tratta di una pianta che teme i ristagni di umidità e richiede temperature minime non inferiori ai 7-10 °C, ma allo stesso tempo non vuole posizioni esposte alla luce diretta del sole.
Non so dire se sarò all’altezza della situazione, ma intanto mi godo questo cactus così incredibile da sembrare finto. Di forma globosa leggermente depressa all’apice vegetativo, la superficie della pianta è divisa in otto costolature ampie e poco profonde. Al centro di ciascuna costolatura è presente una fila di areole perfettamente circolari, di colore bianco, che formano l’immagine di una stella, da cui la specie stessa prende il nome. Il resto della superficie, di colore verde-grigio, è disseminato da scagliette argentee. Così, l’immagine della stella appare replicata più volte: una è la grande stella che si forma osservando le areole nel loro insieme; ciascuna areola, poi, presa singolarmente sembra un astro di cui i glochidi sono i raggi; le scagliette disegnano infine un intero firmamento.
Caro pulcino.. ma che per caso sei un archeologo?!?!
le descrizioni dei tuoi adorati cactus (si sente che li adori per davvero!) mi ricordano tanto le RA….anzi, pure più dettagliate!
….strana ‘sta coincidenza!!
bacibaci
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