In cammino, 6. Da Torres del Río a Navarrete

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03.07.2016

Sveglia.

Il telefono vibra da qualche parte, là nel sacco lenzuolo. In silenzio, come un topolino, con una bracciata raccogli gli oggetti disposti con previdente cura, alla sera, sul letto e intorno al letto.

Dopo cinque giorni, il corpo obbedisce automaticamente alla routine che con minime ma piacevoli variazioni ti porta dalla branda, immersa ancora nel buio e nel tepore, al bagno, dove ricomponi i tuoi averi nello zaino e provvedi con rapido disinteresse all’igiene personale, fino alla porta e alla strada.

Dieci minuti al massimo per sparire da ogni luogo senza lasciare traccia, lasciando il paese ancora addormentato alle spalle.

Questo strappo, solo apparentemente brutale, che si riproduce ogni giorno, ha un potere salutare che è difficile da definire e spiegare, ma che giorno dopo giorno ti rigenera.

Al sorgere del sole, con pochi gesti semplici ed efficaci butti tutto alle spalle e ricominci daccapo.

Ogni giorno è un giorno fresco e nuovo, come le sfumature dell’alba, che sono sempre uguali ma sempre diverse.

A volte c’è proprio poco da dire.

Dopo cinque giorni i ricordi coscienti si impastano. Attraversi città e paesi senza ricordarne più il nome, osservando distrattamente campanili e volute barocche, annusando il profumo di incenso nelle chiese.

Segui semplicemente le frecce e le scie nel cielo, attraverso i vigneti per chilometri, fino al prossimo letto e alla prossima sveglia.

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