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In cammino, 1. Da Saint-Jean-Pied-de-Port a Roncisvalle

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28.06.2016

Questa prima notte non ho quasi dormito. Mi sono distesa nella mia cuccetta, il letto alto del castello, già vestita per il giorno successivo. Ho ascoltato il respiro degli altri, addormentati, seguendone i ritmi discontinui e ripassando per ingannare il tempo le posizioni in cui ho lasciato lo zaino, il telefono in carica, la borsina con lo spazzolino e il dentifricio, in attesa. Il sonno è arrivato a momenti per lasciarmi di nuovo sola in compagnia della mente, che corre avanti, cercando di scandagliare in anticipo le novità cui sa di andare incontro, come sua abitudine.

La sveglia, ridotta alla sola vibrazione, mi scuote dal torpore caldo che avvolge la stanza, mentre un timido riflesso azzurro si insinua fra le tende. Striscio in silenzio fuori dal letto, sveglio Laura, ed esco nel corridoio. Pochi minuti prima delle sei, scendiamo al buio, in calzini e in punta di piedi, gli scivolosi scalini di legno dell’ostello e usciamo nell’aria fresca del mattino, respirando finalmente, nella stradina già popolata di pellegrini.

Il cielo è ancora spento, e ci attardiamo a Saint-Jean-Pied-de-Port, alla ricerca di un caffè e di una brioche. Indugiando, ci aggrappiamo al nostro mondo usuale, ad abitudini che non ci seguiranno. Sembra impossibile partire da soli così, senza congedo e senza nessuno che ci saluti alla finestra, lasciandoci alle spalle un luogo appena incontrato e destinato a restare sconosciuto.

Davanti, i Pirenei; 26 chilometri e un dislivello di 1500 metri che portano a Roncisvalle.

Riuscirò, io, a passare oggi i Pirenei?

Ma alla fine questo bisogna fare, incamminarsi, lasciarsi alle spalle la Porte d’Espagne, le facciate delle casette sul fiume, i terrazzi di legno rassicuranti con le loro cascate di fiori, e iniziare a seguire i cartelli su per la salita – Chemin de St. Jacques. Ma Roncisvalle! Stanotte saremo a Roncisvalle! Solo sentire questo nome nella testa mi trasporta avanti oltre le montagne, o indietro, in altri tempi, nel frastuono delle armi e della battaglia, nel grido dell’olifante che risuona fra le pareti del passo.

La strada si restringe e sale ripida sul fianco della montagna, un breve tratto ombreggiato di alberi per poi perdersi in curve ampie per i pascoli pirenaici. Superate le ultime case, superati i rifugi di Huntto e Orisson, ormai camminare è come volare. Volare – non ricorderò il sole implacabile, non ricorderò il caldo, non ricorderò il sudore fra lo zaino e la schiena, ma solo quella sensazione che si espande infinita nel petto, man mano che il cammino ci porta sempre più in alto, di essere appesi nel cielo e da lì osservare i minuscoli dettagli dei prati e le immense nervature dei monti.

Alla fine, si perde il contatto con la terra. Gli ultimi metri prima del Collado de Bentartea, dove si entra in Spagna, le gambe sono sfinite ma la testa è in uno stato di gioiosa irrequietezza.

Il paesaggio volta improvvisamente faccia, e i pascoli lasciano il posto al bosco. Già apparse qua e là, adesso le flechas amarillas guidano il cammino con irriverente sicurezza. Siamo in Navarra. Superiamo la fonte di Orlando, dopo aver bevuto nel cavo delle mani, e ci immergiamo sotto i grandi alberi, in una discesa che sembra una tregua ma aggredisce infida il mio ginocchio destro e il menisco incrinato molti anni fa sulle Alpi Apuane e sinora silente. Ma se il ginocchio grida, la voce nella testa grida più forte: un canto di libertà che tutto il corpo si ferma e ascolta, incredulo.

Si intravedono i pinnacoli grigi e il tetto della Collegiata di Roncisvalle: nell’ingresso, fresco e ristoratore come un abbraccio, ci attende il sorriso di un anziano hospitalero tedesco, dagli occhi trasparenti che sembrano riflettere semplicemente il sorriso di chi arriva. Ti prende a pacche sulle spalle, rassicurandoti che sì, ce l’hai fatta e sì, sei arrivato e avrai un posto per la notte. Sistemiamo le nostre cose in un nuovo letto a castello, e ci sdraiamo nel prato verde che si distende ai piedi della Collegiata, in fronte ai Pirenei, già passati, già lontani.

Nell’erba, non si sente il vento freddo che inizia a spirare nella valle, solo il calore tremulo della terra.

Roncisvalle ci inizia ai rituali del Cammino, che si ripeteranno con monotone variazioni di giorno in giorno: il refrigerio della doccia alla fine della giornata, la preparazione del letto per la notte e dello zaino per il giorno dopo, la condivisione degli spazi e dei momenti più intimi con persone sconosciute ma incredibilmente vicine, il bucato più o meno accurato che è possibile fare, il rapido sgusciare dentro al sacco a pelo al momento in cui nella camerata si spengono le luci.

Ma prima che il buio cali su questo primo giorno, per una nuova notte di sonno intermittente e bruciante desiderio di volare ancora, entriamo sotto le volte gotiche della Chiesa di Santa Maria per la messa della sera e la benedizione finale dei pellegrini. Se fino ad ora il mio status poteva ancora essere sospeso, quando ci raccogliamo intorno all’altare e si alza la benedizione, nelle lingue che accomunano e dividono le persone arrivate alla Collegiata da tutto il mondo, il cuore si scioglie in pianto improvvisamente, tutto è lontano. Il Cammino è davvero iniziato. Oggi.