29.06.2016
Al risveglio, un mattino plumbeo avvolge la Collegiata di Roncisvalle, ieri così gialla e verde e accogliente, di una spessa nebbia che sa quasi di Transilvania e sgocciola dai tetti sul selciato, stilla sul nostro misero bucato lasciato all’aperto durante la notte, rotola sulle foglie dei boschi cupi, tutt’intorno. La natura sembra stringerci sotto assedio. Colazione a base di caffè, pane con marmellata e Ibuprofene, fidato compagno dei giorni a venire.
Ci addentriamo sotto le volte degli alberi, sul terreno morbido di foglie che accoglie gentilmente i nostri passi. Eppure, bastano pochi minuti e fa allegria anche il volto bagnato di una pioggia che non è pioggia, i colori brillanti degli impermeabili e il fresco inatteso sulla pelle.
Appena fuori Roncisvalle, il cartello indica la distanza che ci separa da Santiago: so che non ci arriverò, almeno non quest’anno.
Con l’arrivo del sole, la nebbia si dissolve per lasciare posto ad un sole magnifico che accende il verde dei boschi di roveri, abeti e pini. Possiamo appuntare finalmente il bucato allo zaino, irriverente vessillo, per rimediare all’imprudenza della sera precedente. Procediamo velocemente, il cammino si dispiega seguendo i dolci pendii della fascia pedemontana dei Pirenei, attraversa pascoli e prati, piccoli paesi in cui per un attimo sembra di ritrovarsi in altre epoche. Per l’ora di pranzo siamo a Zubiri, che la guida indica come meta della seconda tappa, attraversiamo il ponte sulle acque cristalline dell’Arga, gironzoliamo ma alla fine decidiamo di continuare ancora.
Quelle ore fra le radici dei monti, nei boschi, ti proiettano in un tempo senza fine, che si dilata e ti avvolge, rompendo infine i legami e i meccanismi delle abitudini.
La strada è ben segnata e non è mai un pensiero. Tutto quello che devi fare è portare un piedi innanzi all’altro. Realizzi che sarà così per le prossime due settimane, e già ti sembra di non aver fatto altro per tutta la vita. In tanti, al ritorno, mi hanno chiesto cosa pensassi in quelle sei, sette, otto ore di cammino al giorno. Niente. Non pensavo a niente. Osservi le file di formiche che incrociano il sentiero e inizi a saltarle per non calpestarle. Il momento mattutino in cui si aprono i fiordalisi. La sospensione dei suoni del mezzogiorno e la brezza che si alza più tardi, alla sera. Il tuo tempo si riduce alla distanza che intercorre fra il tuo petto e l’orizzonte visibile. Tutto ciò che è appena dietro le spalle, è già andato. Se lasci il bastone accanto ad una fontanella, dopo aver bevuto, e te ne accorgi dopo chilometri, è andato. Non lo tornerai più a prendere. Forse lo rivedrai fra le mani di qualcun altro. E cosa c’è davanti, oltre la curva, oltre il pendio, oltre il paese? Non importa. Tutto ciò che non vedi non esiste ancora. Questa dimensione preziosa del qui ed ora è forse il dono più bello del Cammino. La pienezza dell’istante presente, in cui hai a disposizione tutto ciò che ti serve: le tue gambe che ti portano avanti, il tuo respiro che è il ponte con te stesso, e la loro unione che dà vita al ritmo in cui la mente, come cullata, si acquieta.
Si dice che sul Cammino non si è mai soli: è vero. Io e Laura ci separiamo presto, perché io vado veloce, divoro la strada spinta da una forza che è come un fiume in piena, che non posso fermare, che durante la notte mi toglie il sonno dal desiderio di andare avanti. E così, naturalmente ci lasciamo e ci ritroviamo durante la giornata, con l’accordo di aspettarci per la notte. Eppure trovi sempre qualcuno con cui condividere un tratto di strada, parlando, oppure no.
Ma quei momenti, quei momenti in cui ti trovi solo sul sentiero, il sole dietro alle spalle o davanti agli occhi ad indicarti la via, in mezzo all’enorme flusso di energia che scorre da est a ovest, accumulata dal passaggio incessante, per secoli, di pellegrini, re e penitenti, ricchi e pezzenti, uomini e donne, sono momenti di grazia assoluta. L’odore di sole sulla pelle. Gambe e polmoni, e poco più: due cambi di vestiario, un sacco a pelo, un asciugamano, spazzolino e dentifricio, saponetta. La vita è così incredibilmente semplice.