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“Baby palette a chi?”

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C’era una volta una talea di Opuntia…

La paletta trovata a terra il 22 aprile a Castiglioncello ha radicato velocissimamente: già a metà giugno stavano crescendo due nuovi articoli, ed ora sta continuando a crescere a dismisura! Ormai si può tranquillamente dire che è una pianta formata: le due baby palette sono diventate addirittura più grandi della paletta madre, che ad un certo punto si è anche un po’ inclinata (temevo che avrebbe perduto il baricentro andando a finire a gambe all’aria ma poi si è riequilibrata da sola con la crescita), e adesso stanno spuntando quattro palette di seconda generazione. Non posso che essere felice dei risultati! Tuttavia inizio a preoccuparmi per questa crescita esponenziale…

Un nuovo fiore per il Thelocactus

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Rassegnatevi: tutta l’estate sarà così, un fiore dopo l’altro, sempre più foto e sempre più macro.

Dopo la fioritura di giugno, il Thelocactus exaedrophorus non si è risparmiato: questa volta ha un unico fiore solitario, che mi sembra tuttavia più grande e più bello dei precedenti. Mi piace soprattutto la consistenza eterea dei petali, candidi e quasi trasparenti, tanto da rivelare ogni sottile nervatura, ed il contrasto cromatico fra il pistillo, anch’esso bianco, ed il giallo carico degli stami.

Amo questo fiore (si è capito?)

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I primi due fiori di questo Echinopsis si erano aperti all’inizio di giugno, ed era stata una sorpresa meravigliosa. All’inizio di luglio se ne erano aperti altri due, ma non ero a casa quel giorno, ed il giorno successivo li ho trovati sfioriti. In questo istante si sta aprendo il quinto.

Una fra milioni: Mammillaria occidentalis

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So che non dovrei dirlo, ma le piante del genere Mammillaria, sebbene proprio da una di esse nasca la mia passione per le succulente, non mi fanno impazzire. Si tratta di un genere vastissimo, in cui sono classificate centinaia… migliaia… milioni di milioni di specie (no vabbè, solo qualche centinaio, la smetto di fare lo sborone), riconoscibile facilmente per l’assenza delle costolature tipiche delle cactacee e per la presenza di particolari strutture, denominate tubercoli: sostanzialmente delle sporgenze cilindriche o coniche, distribuite a spirale, che danno per l’appunto il nome al genere (dal latino mammilla=mammella). Se riconoscere il genere è un lavoretto da principianti – oggi sono così, me la tiro un po’ – riconoscere la specie è tutt’altra cosa: c’è veramente una grande varietà nel portamento, nelle caratteristiche e nella disposizione delle spine, dei fiori, dell’eventuale lanugine… Roba da non dormirci la notte! Insomma, ci sarebbe obiettivamente di che divertirsi, ma il fatto è, diciamoci la verità, che le Mammillaria in genere fanno dei fiori piuttosto piccolini, ed io mi sono abituato troppo bene con l’Echinopsis e con i Gymnocalycium

La Mammillaria di oggi appartiene alla specie Mammillaria occidentalis (spero), ed è uno dei primi acquisti dell’agosto dello scorso anno. Si tratta di una pianta dal portamento colonnare, molto accestita alla base. Già lo scorso anno ha fatto un paio di fiori, poi durante l’inverno mi ha molto dato da pensare: una parte del fusto è diventata di un simpatico colore rosa, ed ha iniziato a piegarsi, a rattrappirsi, a… Non ho capito cosa sia successo. In ogni caso, la situazione è un po’ migliorata adesso, e la pianta ha fatto molti fiori, sia dal fusto principale che da due dei polloni. Sarà buon segno? Speriamo! Magari era solo uno scherzo! (Un po’ pende ancora, però, a guardare bene la foto, sorvoliamo…)Come si può vedere dalle diapositive, i fiori spuntano dalle ascelle (è un termine tecnico, non è dovuto alla mia ignoranza! tzè!) fra i tubercoli, in una posizione diversa rispetto alla maggior parte delle cactacee: non sull’apice vegetativo, ma in posizione periapicale, ovvero nella parte di fusto cresciuta l’anno precedente. In questo caso si tratta di fiori abbastanza grandi, dai petali allungati di colore rosa chiaro ai margini e rosa intenso verso il centro della corolla. Il fusto è fittamente ricoperto di spine che spuntano dalle areole, disposte sulla parte terminale di ogni tubercolo, secondo uno schema geometrico perfetto: una spina più lunga al centro, coassiale rispetto al tubercolo, ed una corona di spine più corte disposte in modo radiale. E’ curioso osservare che le spine nascono nere, per diventare successivamente bianche: le spine centrali di ogni areola mantengono più a lungo la colorazione originale rispetto a quelle radiali. Ecco il dettaglio del fiore: non è poi male alla fine, no?