La canzone della famiglia, sprigionata dal paziente lavoro domestico di Juana e dal giocoso vagito di Coyotito, accompagna con la sua melodia dolce ma potente il risveglio di Kino, un giovane e poverissimo pescatore di perle del Golfo di La Paz, in Messico. Il confortevole dispiegarsi di un rituale sempre identico a se stesso, gli occhi di Juana aperti sul cuscino, la focaccia calda, l’apparire del sole fra le onde. Un equilibrio apparentemente immutabile.
Eppure, la spietata violenza del destino irrompe incarnandosi nell’ingannevole bellezza di una enorme, unica meravigliosa perla che Kino trova sul fondo del mare. La canzone della perla ammalia il cuore con la sua promessa di un riscatto sociale mai prima immaginato e che prende forma in desideri quasi mostruosi nella loro grandezza: Kino crede di vedere nell’opalescente superficie della perla un futuro diverso. Vestiti nuovi per sé e Juana, scarpe chiuse per il giorno del matrimonio, un fucile, ma soprattutto, soprattutto la scuola per Coyotito. Coyotito saprà leggere e scrivere, conoscerà, non sarà un oppresso.
La canzone della perla porta inesorabilmente con sé la canzone del nemico: perché la voce si diffonde prima ancora che Kino riesca a decidere in che modo trasformare il sogno in realtà. Intorno alla perla si scatena l’ingordigia e l’avidità degli uomini della città, quelli che hanno già tutto ma vogliono ancora di più. Kino è costretto a combattere, non appena cade la notte, contro coloro che desiderano possedere la perla. Uccide. L’unica via di scampo è la fuga, verso un’altra città dove vendere la perla e trasformarne la canzone nel tintinnio del denaro.
Ma da questo viaggio non si torna vincitori. Lo capisce sin da subito Juana, che tenta invano di sfuggire al maleficio rigettando la perla in mare: Kino è avvinto della vastità dei suoi sogni e non accetta di abbandonarli. Kino e Juana riappariranno nel villaggio dopo appena un giorno di fuga disperata, braccati dai segugi sulle tracce della perla. La piccola famiglia è distrutta per sempre nel bene più prezioso, quell’amore apparentemente banale dal profumo di focaccia, in potente equilibrio con l’universo.
Musiche primordiali si intrecciano in questo brevissimo e intenso romanzo, così scarno ed essenziale nella forma quanto magicamente evocativo. Non servono quasi le parole per disegnare paesaggi, personaggi ed emozioni, basta l’evocazione della musica per dischiudere la porta di un mondo e insieme distruggerlo.
Insomma non solo viaggi….. Bello anche questo, anche se per me un po meno affascinante, anche se più culturale
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Recensione come sempre interessante, però… Non ho mai letto questo romanzo e di solito un tuo post mi stimola a leggere o rileggere un libro, non questa volta: mi sembra davvero troppo deprimente e negativo, angosciante, senza nemmeno un barlume di speranza e di questi tempi 😉😉😉 non mi sembra proprio il caso! Anzi, se permetti un consiglio (interessato): cambia genere di lettura!