Lithops. Lo dice il nome stesso che da queste piante non bisogna aspettarsi grandi slanci di entusiasmo: l’etimologia deriva infatti dal greco lithos=pietra e opsis=aspetto, e descrive pienamente non solo il perfetto mimetismo che le fa sembrare in tutto e per tutto analoghe a comuni sassi (e che consente loro di sfuggire agli appetiti degli animali in cerca di qualcosa di fresco e gustoso da mangiare), ma anche il loro carattere sornione e un po’ apatico.
A differenza dei loro coinquilini dei 12mq, che per tutta l’estate non fanno altro che sgomitare e urlare “sono qui”, “guarda vi’ che fiori che ti fo”, “anvedi come so’ bbello” (eh sì, perchè parlano diversi dialetti), i Lithops passano l’estate a sonnecchiare pigramente occhieggiando le evoluzioni dei vicini.
E quando l’estate volge al termine e le foglie ingialliscono, chi doveva fiorire ha fiorito e i giochi sembrano ormai tutti fatti, ecco che loro si svegliano. La fessura in mezzo alle due foglie che compongono la pianta si apre ed esce il boccio. Ci vogliono un po’ di giorni, durante i quali il boccio ti fa la linguaccia ogni volta che lo guardi, ma poi smette di farti soffrire e si apre.
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