Nel cuore della Foresta Nera, Freiburg ci accoglie in un grigio mattino che definire autunnale pare un coraggioso eufemismo: un debole ma incessante vento gelido non riesce ad interrompere lo stillicidio di una pioggia fitta e sottile, di quelle che bagnano velocemente e inesorabilmente. Le svettanti torri del severo Münster in arenaria rossa ci guidano verso la piazza principale del paese, dove compare un inaspettato mercato alimentare. I banchi della verdura e della frutta sono un tripudio di colori: l’arancio delle zucche spicca in mezzo al verde e al bianco di decine di varietà di radici ignote alla nostra cucina e forse anche al nostro vocabolario, e si mescola al rosa delle dalie e dei crisantemi che si vendono al mazzo accanto alle mele selvatiche.
Il profumo del pane e delle torte si intreccia con quello della carne, vera protagonista della scena: Bratwürst, Currywürst, Putenwürst e Weisswürst occhieggiano sui banchi degli ambulanti, intorno ai quali già è ressa alle dieci del mattino (eh sì, qua se non fai colazione con una porzione almeno di carne sei da rimpatrio). Proprio davanti al portale gotico della chiesa, fa bella mostra di sé un banco interamente dedicato ai cactus, le cui forme e colori, così evocativi di altri paesi, sono certo apparentemente un po’ fuori luogo nel grigio di questa giornata, se non fosse che dietro al banco sorride dolcemente una signora dai capelli bianchi e gli occhi cerulei incorniciati da occhiali in metallo dalla sottile montatura, con quel modo discreto ma fermo che hanno solo nel nord Europa. Il banco è allestito con teutonica precisione: decine e decine di vasetti si allineano perfettamente sul piano. E si tratta sempre di generi e specie particolari, da collezione, tutti esemplari piccoli ciascuno accuratamente cartellinato… Epilogo della storia: non posso resistere e indico alla signora tre cactus che intendo acquistare. Mentre con assoluta calma, incurante della pioggia, mi impacchetta i miei acquisti, inizia un esilarante tentativo di comunicazione oltre le lingue: la signora non parla inglese, io con il mio lessico tedesco consistente di circa trenta vocaboli pertinenti alla storia dell’arte e di altri trenta per lo più riguardanti il cibo (e in particolare il maiale cucinato in svariati modi) tento di dirle quanto mi piaccia il suo banco e la scelta così particolare degli esemplari che espone. Non sembra facile capirsi, devo ripetere più volte cercando una pronuncia intellegibile, ma le si illuminano infine gli occhi quando le dico che a Firenze ho più di cento cactus… Allora prende un altro vasetto e lo impacchetta dicendomi “ein Geschenk”. L’amore per i cactus è internazionale! Ma non basta: ad un certo punto si avvicina un signore che la venditrice mi presenta come suo marito; appresa la situazione il marito ordina alla moglie di regalarmi un altro cactus, un piccolo esemplare che sceglie personalmente dicendomi che diventerà molto bello. Alla fine della scena sono quasi commosso: mi allontano con il mio sacchettino pensando quanto certi incontri casuali e imprevisti, della durata anche solo di pochi attimi, siano capaci di lasciare un ricordo così prezioso…
(Le foto sono di Alice: grazie! Per le foto ma anche e soprattutto per le tante emozioni di questo viaggio. Averle condivise le rende ancora più indimenticabili… Anche quelle illecite 😉 !)
Che tenerezza la donnina dei cactus!
Sì! Era dolcissima, è stato amore a prima vista!
Pingback: Una foto che parla più di mille parole | 12mq
Pingback: Un cactus col pedigree | 12mq
Pingback: La riscossa dei piccoli cactus | 12mq