E succulente non cactacee siano, dunque!
Nel corso dell’ultimo anno mi sono state regalate diverse talee di Aptenia cordifolia, che naturalmente hanno radicato senza difficoltà e che nel tempo ho riunito in un unico vaso. Si tratta di una succulenta di piccole dimensioni di origine sudafricana, che si è tuttavia naturalizzata con facilità nel Mediterraneo, come il conterraneo Carpobrotus. Il portamento è prostrato e strisciante, e la pianta tende a tappezzare lo spazio a propria disposizione creando dei veri e propri manti. Ama le posizioni soleggiate (che qua non le mancano), ma è anche abbastanza rustica da sopportare temperature invernali fino a -5°, naturalmente a patto che la si tenga accuratamente asciutta, motivo per cui durante l’inverno sarà bene ricoverarla comunque in serra fredda. Sia il fusto che le foglie sono succulenti, e quest’ultime sono a mio parere il maggior pregio dell’Aptenia, con la loro forma a cuore, il loro colore verde delicato e l’epidermide vellutata (fanno venire voglia di mangiarle – chissà se si possono cucinare come le Opuntie). Per tutta la primavera e l’estate la pianta ha prodotto numerosi piccoli fiori a forma di margherita, di colore rosa chiaro, che durano in genere diversi giorni.
Beh, ci provo, davvero, ma mi rendo conto che solo i cactus mi ispirano sul serio. Le succulente sono simpatiche e carine ma non mi fanno sangue. Non me ne vogliano, per carità!