Tre simpatici vecchietti

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Un paio di post fa ho parlato dell’Opuntia microdasys, e di una particolare struttura caratteristica delle Opuntia, i glochidi: corte setole uncinate, che si staccano facilmente dalla pianta se incautamente sfiorate, per poi rimanere tenacemente conficcate nella pelle dell’incauto. Il Cephalocereus senilis è diametralmente l’opposto. Si tratta di una cactacea dal portamento colonnare, che nel proprio habitat naturale può raggiungere i 15 metri di altezza, ed il cui fusto è solcato da numerose costolature verticali, fittamente costellate di areole. L’aspetto della pianta è tuttavia celato dalle numerossime spine, lunghe, sottili e morbide: si possono infatti accarezzare senza ferirsi (almeno i miei esemplari, non ci giurerei per quelli alti 15 metri!). Da ogni areola fuoriescono molte setole di questo tipo e una spina centrale più robusta, di colore giallo chiaro, che invece punge un pochino (si possono vedere nella seconda foto). Il fitto manto che ricopre la pianta serve a ombreggiare il fusto e quindi a proteggerla dal sole, ma ha anche guadagnato a questa specie la denominazione comune di cactus del nonno, che si rispecchia anche nel nome scientifico! Appena spuntate, le spine hanno un colore bianchissimo e sono fitte e forti; poi mano a mano che la pianta cresce le spine più vecchie si diradano e cambiano colore diventando grigie. Nelle foto sotto si vede bene la differenza fra le spine più giovani e quelle più vecchie, e questo consente anche di valutare quanto la pianta sia cresciuta nell’ultima primavera.

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